Dopo un lungo silenzio, misto tra indignazione e stupore, assisto nelle ultime settimane a rapidi rovesciamenti di fronte verso la salvifica meta del renzismo.
La prima regola che si impara con l’esperienza, è di vivere secondo le proprie convinzioni senza che sia una nostra arbitraria rappresentazione degli idoli ad indicarci una strada che non sa mai di noi.
Vivere per sentito dire, inseguendo la moda del (breve) periodo, è soltanto un palliativo per i mali che la mancanza di volontà provoca.
Rottamazione, ricambio generazionale, vicinanza ai cittadini, sono le espressioni (abusate) del momento e Matteo Renzi è il carro su cui tenta di salire chi mai non ha avuto le capacità politiche di fare delle scelte e soprattutto di pagarne le conseguenze (politiche).
E così vince Bersani le primarie e son tutti contenti, in prima fila nello spartirsi i meriti della vittoria.
Poi però il Pd perde le elezioni, Renzi vince le primarie e diventa premier; in qualsiasi azienda, famiglia e comunità vige il principio per cui ”chi sbaglia paga”, ma non in questo Pd.
Non in questa politica.
E si diventa convinti renziani, lì dove neanche si era presenti alle manifestazioni pro Renzi (che organizzai a Ceccano nel novembre 2012 con il Comitato) neanche come osservatori: “vanno isolati, bisogna essere indifferenti”; “ Renzi è un pericolo” dicevano.
Ma abbiamo continuato a lottare: quando credi in qualcosa non puoi fare altro che sostenerla e non interessa quali ostacoli avrai di fronte, conta soltanto mettere in gioco una parte di te che non puoi reprimere, ne va di te.
Adesso che tutti sono sul carro, risulta difficile capire chi siano, quale sia la loro visione politica, addirittura se ne abbiano una.
Da un lato, se fossero dall’inizio renziani e non l’avessero manifestato ai tempi della sfida con Bersani sarebbero politici incapaci di prendere scelte, e soprattutto di accettarne le conseguenze; dall’altro se l’avessero fatto soltanto per mantenere posti d’onore all’interno di un partito non sarebbero politici, in quanto darebbero maggiore importanza alla propria carriera rispetto all’interesse dell’intera comunità (e soprattutto di chi li vota).
In entrambi i casi non degni e non capaci di incidere positivamente sul nostro futuro, di custodire speranze e sogni di un territorio avvolto da gravi problemi in ogni settore; incapaci e indegni di governarci, retori a volte neanche piacevoli volti all’autoconservazione a discapito degli altri.