Si può fare! Come il business sociale può creare un capitalismo più umano…


di Gizzi Pierfrancesco

Salve a tutti i nostri followers!!!! Ciao Cogitanti!!

Anch’io oggi voglio unirmi ai miei colleghi e consigliarvi, attraverso una recensione, un libro che parla di economia ma anche di speranza.

Si può fare!

Come il business sociale può creare un capitalismo più umano.

In questo libro Muhammad Yunus vuole presentarci un nuovo strumento che rivoluzionerà l’economia mondiale e non solo: il business sociale. Abbattere la povertà, per farla diventare solo un ricordo, è sempre stato l’obiettivo chiave di Yunus fin dal principio quando con i suoi pochi dollari diede l’inizio al “Microcredito”. Ora il “banchiere dei poveri”(nomigliolo dato dai giornalisti a Yunus) ci presenta un’altra grande realtà (e non sogno): il business sociale; non dico sogno perché nel libro egli ci presenta degli esempi reali di business sociale ad opera di aziende multinazionali che in joint venture con la Grameen, hanno creato “le prime scintille di una fiamma”, di una rivoluzione che cambierà il mondo dell’economia e del welfare. Nel libro Yunus delinea bene quest’idea di business sociale in modo che non la si possa confondere con altre entità cosidette “sociali”, delineando una lista di principi da rispettare per essere definiti un impresa con finalità sociali.

“Se puoi sognarlo puoi farlo” (Walt Disney)

<<Tutto cominciò prestando un paio di dollari ad alcune donne del mio villaggio…>> dice Yunus <<volevo rendermi utile per il mio villaggio e scoprii che invece potevo essere d’aiuto a più persone… Tutto parte da un piccolo gesto, non dovete cercare di risolvere, in primo acchito, grandi e complessi problemi, ma piccoli e poi risolti quelli, vedere se quelle risoluzioni sono buone per risolvere problemi in altri punti della terra…dovete prendere il “seme” di quello che avete fatto in una zona e piantarlo in un’altra>>[1]. Se uno può sognarlo, vuol dire che si può fare: Yunus ha avuto come sogno di far sparire la povertà nel suo piccolo villaggio, ora la povertà potrà sparire in tutto il mondo. Non importa quanto grande o fattibile sia questo sogno, bisogna sempre crederci, perché un piccolo gesto di solidarietà nel nostro piccolo è una goccia che andrà a formare un oceano. Creare un’impresa con finalità sociali è più difficile  che crearne una con finalità lucrative poiché nella prima non c’è un profitto per gli investitori ma solo un miglioramento/soluzione di un problema sociale. C’è bisogno di sognatori che siano preparati al business sociale, ma c’è bisogno soprattutto che essi siano sempre “gioiosi” nel mettersi  in gioco per migliorare il mondo. Noi non siamo stelle, eterni spettatori della realtà del mondo (come diceva sir Barrie), ma dobbiamo essere i fautori del nostro destino.

Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno.

Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita. (Proverbio Cinese)

Come mette in evidenza bene Yunus nella descrizione di Cos’è e cosa non è il business sociale nel capitolo 2, un impresa sociale non è una fondazione di beneficienza (può accogliere soldi da una fondazione o da una Ong), è un impresa con finalità sociali che si impegna a migliorare e risolvere (se è possibile) un problema sociale importante, mantenendo l’autosufficienza economica e finanziaria, rispettando una linea di condotta aziendale sostenibile dal punto di vista ambientale, concedendo ai dipendenti salari pari alla media di mercato e condizioni di lavoro superiori alla media. (estratto dai 7 punti stilati da Yunus per definire un impresa con finalità sociali).

La beneficienza è molto importante perché indica quanto le persone vogliono aiutare chi  è nel bisogno e questo Yunus lo sottolinea nel suo libro dicendo anche che ogni volta che parla di business sociale a uomini d’affari o altri professionisti viene sempre travolto dalla numerose domande e dall’entusiasmo di queste persone che vogliono intraprendere la strada del business sociale. Proprio da questa voglia di fare che arrivano grandi idee e grandi soluzioni come la Gramen-Danone oppure la Gramen-Veolia, le quali non sono solo opere di carità ma vere e proprie imprese con cui risolvere sia l’attività economica del paese (dando occupazione ed insegnando un mestiere a chi era senza lavoro e non sapeva far nulla) sia un problema di welfare (migliorando le condizioni di vita), due piccioni con una fava insomma.  Non si danno pesci, ormai si danno solo lezioni di pesca!

Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. (Matteo 25, 40)[2]

L’ultima crisi, che ancora sta colpendo milioni di persone, ha messo in discussione questo capitalismo selvaggio senza etica e senza un volto umano, le persone vogliono poter aiutare, vogliono essere il centro di quest’economia e non solo il mezzo (come auspica Benedetto XVI nella sua Caritas in veritate). Sarà proprio dalla benevolenza del macellaio, usando una frase di Smith, che l’economia potrà cambiare, infatti essendo le persone, con le loro relazioni (e con i loro sentimenti) a creare il mercato, renderà quest’ultimo ricco di quella caratteristica fino ad ora dimenticata: la carità. Sono i sentimenti (le motivazioni) a creare le azione e quindi è giusto che vengano considerate nelle teoria economica.

Le opportunità del business sociale sono limitate solo alla nostra immaginazione, bisogna essere creativi e gioiosi. Le imprese scese in campo a livello internazionale per attivare imprese con finalità sociale sono numerose, tanto quanto le persone che vogliono contribuire a migliorare questo concetto di business sociale e tanto quanto le idee messe in campo dai numerosi studiosi di tutto il mondo (come un mercato di azioni di imprese sociali, corsi di studio di business sociale, trust fiduciari, e chi lo sa cosa ci aspetta nel domani). Il tempo è pronto: si può fare!

La disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli e verso una vita intesa come compito solidale e gioioso.[3]


[1] Yunus Muhammad, Si può fare!, Feltrinelli, 2010

[2] La Sacra Bibbia, San Paolo Edizioni, 2010

[3]  Benedetto XVI, Caritas in Veritate, Libreria Editrice Vaticana, 2009

Lascia un commento